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Mapomac

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Tutti i contenuti di Mapomac

  1. Se ragioniamo così allora una la facciamo il 10 agosto e l'altra il 20
  2. Cominciamo a mettere qualche data, sia per questa che per quella di Imola ???
  3. Prima di additare al basso corto del lavoro, o addirittura a schiavitù, il motivo dei minor costi di produzione estere, valuterei bene da chi importa l'Italia. I dati qua sotto non sono aggiornati, è il primo grafico utile che avevo disponibile. Credo rendano comunque l'idea.
  4. In occasione dell'ultima Agritechnica, ho avuto modo di vedere la macchina della Netafim per l'estrazione della manichetta dal terreno. Comparandola con altre realizzazioni, più o meno artigianali, trovo sia parecchio interessante. Se qualcuno avesse fatto foro, lo prego di inserirle. Extraction Machinery - Netafim
  5. Legno è un termine un po' improprio. La Leucaena, sembrerà strano, è una leguminosa. A quanto pare viene impiegata per l'alimentazione in sostituzione di altro foraggio. A note on the chemical composition and feeding characteristics of diets containing Leucaena leucocephala and Arachis pintoi for growing rabbits Legume trees and other fodder trees as protein sources for livestock
  6. Sul primo punto mi trovi concorde. Specie in Italia, a mio avviso, molte sono quelle zone che dovranno "modificare" la loro destinazione non più in produttiva, ma in salvaguardia ambientale. L'abbandono di colline e terreni marginali a causa di scarsa redditività, non deve esistere e non è sostenibile. Salvo per gli abitanti di città, ritrovarsi le colline che gli cadono in testa. Mi ripeto: dati alla mano, volete indicarmi fatti concreti dove si provi la scarsa qualità, intesa pure in senso ambientale, dei prodotti esteri ? E' il caso a mio avviso di ridimensionare un'attimo il proprio orgoglio. Il patriottismo va bene, ma mica è l'Italia che sfama il mondo intero. Non mi pare vi sia una moria diffusa in quei contesti dove non si mangi italiano. Vedi punto sopra per quanto riguarda l'industria della macchina agricole. Il mondo è grande. La generazione preponderante la quale coltiva ora, è già da un pezzo che avrebbe dovuto lasciare il posto. I figli fanno bene a trovare un'altro lavoro, se devono scontrarsi con una realtà casalinga arretrata e stantia. Ti correggo: lo fanno già. In merito al discorso dei prezzi, la tua è un'ottima idea. Vediamo di svilupparla entro breve. Non voglio, credimi, sembrare indisponente ma: - La qualità non viene riconosciuta non è un problema. Il problema è produrre qualcosa che il mercato non vuole/apprezza/valorizza e lamentarsene. - Sei obligato a tenerlo in magazzino ? Perché non te ne fai uno ? Lamentarsi di una situazione e continuare con gli stessi comportamenti, di certo non può migliorare le cose. - Da voi non fanno contratti ? La colpa di chi è ? Del mercato dei cerali Usa ? ________________________ Detto questo, senza riferimenti personali alcuni, invito tutti a partecipare, ma mantenendo un livello "elevato" della discussione. Non fraintendetemi, ma per le solite lamentele (legittime e non) ci sono altre numerose discussioni.
  7. Dal prossimo mese si dovrebbe introdurre questa norma: chi non le usa, 10% di voti in meno, arrotondati ovviamente per eccesso
  8. Produrre di più, non vuol dire comunque produrre senza avere ben chiari obiettivi quantitativi. E' si vero che l'aumentare delle superfici e delle quantità in generale aiuta ad ammortizzare beni e strumenti, nonché ci si avvantaggia dei benefici dell'economie di scala, ma aumentano anche i costi fissi. Questi sono proporzionali e crescono direttamente (praticamente in proporzionalità diretta) all'aumentare delle unità prodotte. Di certo l'attuale organizzazione del comparto produttivo italiano, composto da superfici troppo ridotte e diffusa scarsa mentalità imprenditoriale, (con le dovute, numerose, eccezioni) mal si coniuga con l'esigenza di produrre quantità. Inutile e sciocco è nascondersi dietro ad un dito: la costituzione di lotti importanti, qualche decina di migliaia di tonnellate, in Italia è il risultato del conferimento di 100-200 agricoltori. In Usa anche di soli 4-5. Nel resto dell'Europa i numero sono simili e molto lontani da quelli italiani. Ritengo inoltre l'eccessivo ricorso ad una troppo variegata lista varietale, parte dei problemi di omogeneità di cui si parlava. Dati storici inerenti le produzioni e listino della borsa alla mano, non vedo perché in una stessa provincia si arrivino a contare anche 10-20 varietà diverse. Basta guardare il listino settimanale per vedere differenze di prezzo, anche sensibili, tra le diverse tipologie di frumento. Sia esso duro che tenero. Listino settimanale Borsa Merci Bologna Ti ringrazio, i complimenti son sempre graditi. Ora sai di che morte morire... Non ho detto questo. A voi siciliani guai toccare la qualità del vostro frumento. Scherzo ! Ho detto che tra tanto prodotto di qualità, c'è chi approfittandone vuole spacciare per tale anche prodotto sicuramente mediocre se non peggio. Ribadendo come qualità (in base a cosa poi ?) non sia sinonimo di prezzo alto, perché c'è questa diffusa convinzione che il prodotto estero sia sempre pessimo ? Durante la campagna di trebbiatura, mi capita, e credo a tutti, di vedere ottimo prodotto, ma anche partite decisamente pessime. Credo nessuna zona d'Italia ne sia esente. Il discorso sui "colossi mondiali" è analogo a tanti altri settori. Credere/volere ridurre l'egemonia dei colossi petroliferi, farmaceutici, chimici, alimentari ecc, è la volontà di molti. La domanda però te la faccio io: come credi sia possibile ? Prendere atto di una situazione, o conoscerne i motivi è già un'ottimo passo avanti, ma senza dare soluzioni concrete e fattibili nel breve-medio periodo, rimangono a mio avviso: utopie. Ed in quanto tali, la gente dovrebbe riempirsene meno la bocca.
  9. In merito ai codici attività, qua trovate l'elenco completo: I CODICI DELLE ATTIVITA' ECONOMICHE ORDINATI PER CODICE ATTIVITA' Agenzia delle Entrate - Classificazione delle attivit economiche (ATECO)
  10. Lo scopo, o per lo meno l’intento, di quanto vado a scrivere è dare alcune indicazioni su come funzioni a livello globale il mercato dei cerali, il perché della volatilità dei prezzi ed alcune personali considerazioni e perché no consigli. Va detto subito come ci si focalizzerà quasi esclusivamente sul frumento, sia duro che tenero. Nell’attuale situazione, la quasi totalità degli agricoltori lamenta prezzi non sufficientemente redditizi, è giusto a mio avviso andare oltre: mettere i più, nelle condizioni di capire cosa stia succedendo e perché. Ben lontano dal mio obiettivo è indicare norme e strategie per stravolgere la condizione di scarsa/mancata redditività, piuttosto che indicarvi come arricchirvi con i cereali. Sarò sufficientemente contento, e già l’obiettivo è ambizioso, se qualche lettore una volta finita la trattazione, affronterà con meno superficialità l’argomento qualora vi si trovi a discuterne. Vogliano scusarmi sin da ora, eventuali lettori molto più preparati in materia, per non voluti errori o discrepanze e soprattutto per lo scorretto uso di molti termini tecnici. Sono ovviamente ben accettate correzioni ed integrazioni del caso. _________________________ Commodity e futures Chi fosse dotato di grande intuito e forte capacità di leggere sotto le righe, la seguente frase risparmierebbe fiumi di parole e mari d’inchiostro: “commodity prices are global, but production costs are local” . Così nel 1998 Steven C. Blank, coniò questa brillante frase, tanto da essere comprensibile pure ai non anglofoni. In ogni caso, questa è la traduzione: “il prezzo delle commodity è globale, ma il costo di produzione locale”. Ma cosa sono le commodity ? Termine inglese, non letteralmente traducibile, ormai entrato a far parte del vocabolario italiano, indica una categoria di materie prime, globalmente producibili e dalle caratteristiche standard. Le commodity sono stoccabili e non devono deteriorarsi col tempo, possono e sono vendute senza nessun valore aggiunto che non sia il mero trasporto e stoccaggio. Rientrano in questo settore economico anche parecchi prodotti agricoli, tra cui i principali cereali, ed alcune materie prime come ferro, rame, petrolio. Va da se come salvo particolari caratteristiche, canali di commercializzazioni, nicchie di mercato ecc, tutta la produzione italiana possa essere, ovviamente, considerata una commodity. Come vengono commercializzate le commodity ? Essendo prodotti soggetti a scambi commerciali a livello mondiale, si è resa necessaria l’introduzione di alcuni strumenti finanziari atti a standardizzare il tutto: principalmente si ricorre ai futures. Cosa sono i futures ? Sicuramente il temine non è nuovo e capita spesso di sentirli nominare, specie negli ultimi tempi caratterizzati da una vivace attività finanziaria. I futures sono contratti a termine, dove per quest’ultimi s’intendono prodotti finanziari dove due controparti s’impegnano a scambiarsi una determinato bene ad una data prefissata. Detto in altri termini i due operatori economici si accordano per scambiarsi una certa quantità di bene ad un determinata data. Nella stragrande maggioranza dei casi questo effettivo conferimento del bene, la reale consegna, non avviene (per il 98% dei casi la posizione si chiude prendendone una opposta sul mercato). Quello che accade è un vero e proprio mercato, con tanto di specifiche borse, dei contratti futures, i quali diventano uno strumento d’investimento o speculativo. Esempio: nel caso un’investitore creda che una determinata commodity cresca di prezzo comprerà il relativo future, mentre in caso contrario venderà quelli già in suo possesso. Questo, semplificando estremamente, è quello che in gergo si definisce essere in posizione long o short. Volendo dare una visone globale della cosa, è possibile affermare questo: i cereali (a dire il vero solo il f.tenero, e non il duro, è una commodity) sono soggetti ad un mercato che risulta essere globale; un mercato dove entrano in gioco fattori speculativi ove il prezzo viene definito da scambi commerciali telematici da ogni parte del mondo; il prezzo diventa, o tende ad essere, standard come la definizione stessa delle commodity; i fenomeni locali difficilmente possono influenzare l’andamento generale del settore. Questo nel bene e nel male. Come si approccia l’Italia Diversi sono gli aspetti caratteristici della situazione italiana, alcuni dei quali, responsabili della scarsa rimuneratività dei cereali. Cos'è responsabile dello scarso potere del mercato cerealicolo italiano ? - Scarsa affidabilità dei prezzi: volatilità. - Prezzi di mercato inadatti a sostenere l’attività produttiva. - Mancato riconoscimento in termini economici della qualità del prodotto. - Rilevanza in termini quantitativi ridotta. La volatilità dei prezzi Sebbene un approccio banale ponga al primo posto nella classifica delle problematiche il basso prezzo dei cereali, è invece la volatilità degli stessi ad destare di maggior preoccupazione. Per volatilità s’intende infatti un’oscillare repentino su base temporale, del prezzo di un prodotto. Questo impedisce di programmare interventi e strategie produttive, oltre a destinare l’esito della commercializzazione dei prodotti, alla casualità. Ovviamente in ogni mercato che si rispetti, nessuno può prevedere con precisione l’andamento dei mercati, sarebbe il sogno di ogni investitore. Chi segue il prezzo del frumento sulle diverse borse italiane, non ha potute fare a meno di notare un’accentuata volatilità nelle ultime campagne. Questo non può che destare preoccupazione nei produttori, trovandosi anche nella posizione, diversamente da altri settori, di dover programmare con un discreto anticipo le proprie scelte colturali ed investimenti. Com’è possibile vedere dal grafico, e come sicuramente molti ricorderanno, il 2008 si è caratterizzato per una rapida ascesa dei prezzi del frumento, registrando valori da record, successivamente mai più registrati. Come si sa, quell’incremento di prezzi è stato dovuto a scarse produzioni su molte aree del mondo. Cosa provoca volatilità ? Essenzialmente i motivi in cui ricercarne la causa sono i seguenti: - Non esiste commodity priva di oscillazioni del prezzo, i contratti futures sono oggetto di speculazione ed in tutti i mercati questi sono fenomeni non frequenti, ma ricorrenti. - Il progressivo passaggio da agricolture estensive ad intensive, aumenta la probabilità che fenomeni atmosferici o altre congetture possano interferire pesantemente con la produzione totale di vaste aree se non Paesi interi. - In opposto al punto di cui sopra, vi sono anche molte realtà dove si è deciso di abbassare per quanto più possibile l’imput produttivo, a fronte dei bassi prezzi. Questo in annate particolari non può che essere origine di oscillazioni nelle produzioni totali e nella qualità. - La spinta inflazionistica non esenta neppure il mercato delle commodity agricole. - La pluralità dell’offerta viene sempre più a mancare. Essendo l’intero commercio in mano a pochi operatori economici, si è costretti a subire repentini cambiamenti di prezzi nel giro di poche ore. - Specialmente a livello italiano, la mancata presenza di strutture adatte a stoccare ingenti quantitativi di prodotti (centinaia di migliaia di tonnellate), comporta la mancata possibilità di acquistare grossi quantitativi a prezzi ragionevoli e utilizzare queste scorte nei momenti di prezzi alti. Prezzi di mercato inadatti a sostenere l’attività produttiva Scontenterò i più, ma questo punto può e deve essere liquidato con estrema brevità. Il mercato fa i prezzi del prodotto, non il prodotto. Dal momento in cui si produce un bene standard e facilmente reperibile altrove, il prezzo viene stabilito, al netto di seppur importanti attività speculative, dall’incontro tra domanda ed offerta. Occorre prendere atto dell’attuale range entro cui graviterà il prezzo dei cereali, ed accettare con serenità come i picchi registrati nel 2008 saranno destinati a ripetersi, ma solo con la stessa probabilità e frequenza che contraddistinguono le anomalie. Qualora si voglia puntare su mercati più ristretti, ad esempio il grano duro di qualità, questo non deve legittimare ad esimersi dalle leggi di mercato. Nel caso in cui pure queste eccellenze non trovino riscontri in prezzi adeguati, nuovamente la colpa è di chi si ostina a produrre fuori mercato e non nel mercato stesso, né nella domanda. Mancato riconoscimento in termini economici della qualità del prodotto Relativo al punto di cui sopra, è bene fare alcune precisazioni. Se da un punto di vista etico i produttori fossero interessati a produrre qualità, nessuno potrebbe biasimarli. Salvo il caso in cui questa presunta qualità non fosse corrisposta in termini economici e gli stessi accusassero il mercato delle loro vicissitudini. Correndo il rischio di ripetermi, è bene ricordare come: se non si è certi di avere una domanda sensibile al prodotto di qualità, è bene rivalutare le proprie scelte. Ad ora salvo casi di nicchia, e come tali in essi non possono rientrare tutti i produttori, non c’è molta sensibilità in questo senso. La grande maggioranza dell’industria molitoria italiana ancora non mi pare si sia espressa concretamente. Fino ad allora protestare dietro alla facciata della qualità risulta, a mio avviso, una lotta contro i mulini a vento. Va aggiunto dell’altro: nel caso si volesse competere a livello internazionale nel conferire non solo prodotto di qualità, ma pure prodotto standard (commodity) è essenziale, senza esclusione alcuna, l’uniformità e la quantità dei lotti da trattare. Strutturalmente la rete italiana è oggi incapace di fornire quantitativi (che partono da alcune decine di migliaia di tonnellate) importanti e omogenei in termini qualitativi. Specie in modo continuativo. Rilevanza in termini quantitativi ridotta Come si è già detto l’incapacità di essere presenti e disponibili sul mercato con quantitativi importanti, omogenei e continuativi nel tempo, è uno dei più grossi handicap del settore cerealicolo italiano. Questa comporta poca appetibilità nei confronto dei compratori internazionali e obbliga a passaggi intermedi, trader, con significative ripercussioni sul ricavo finale. L’eccessiva frammentazione dei conferimenti e dei centri di stoccaggio risulta estranea a quella logica di mercato, globale appunto, dove irrimediabilmente si è costretti ad operare. Ne consegue un’attività spesso passiva e di pressoché nullo potere decisionale. A questo va aggiunto come spesso vi sia a distanza di una sola annata agraria notevoli differenze in termini di quantità prodotte e della relativa qualità. Di questo ne soffre maggiormente il sud Italia, dove le condizioni meteo spesso annullano la buona volontà dei produttori. Su quest’ultima però, non è possibile soprassedere: troppo spesso infatti scarse competenze e professionalità sono le cause dell’altalenante media produttiva/qualitativa italiana. Questo che piaccia oppure no, è parte integrante degli handicap di cui soffre il settore cerealicolo Italiano. A questo va aggiunto il diffuso malcostume della maggioranza degli agricoltori: reputarsi in grado di capire e conoscere il mercato. (vi sfido a reperire un grafico con un minimo di storico, indicante i prezzi dei cereali) Il mercato è mondiale e le dinamiche locali sono una componente pressoché ininfluente. Se si è in grado, o ci si reputa tali, di prevedere il mercato, l’agricoltore è liberissimo di scegliere come e quando vendere il proprio prodotto, salvo poi assumersene ogni responsabilità. Diversamente sarebbe il momento di delegare o per lo meno farsi assistere dall’operatore del caso, sia esso centro di stoccaggio, operativa, cap ecc. Ricollegandosi ai punti precedenti, si consentirebbe così di colmare, seppur in parte, il gap “dimensionale” del comparto italiano, permettendo una gestione più vicina alle modalità globali della commercializzazione dei cerali. __________________ Ho concluso, a vol la parola ed i commenti, integrazioni, correzioni, domande, offese e minacce. __________________ Riferimenti: http://www.agricoltura24.com/grano-tenero-ritorno-alla-normalita/p_1485.html http://www.agricoltura24.com/grano-duro-ma-cos-e-questa-volatilita/p_1483.html
  11. Si, ogni tanto è pure il caso darli. Sono ormai definitivi i dati relativi alla campagna 2009: - a livello mondiale la produzione totale si assesta su 442 milioni di quintali, registrando un'incremento di 60 milioni di quintali, quasi un 14% un più. - il consumo mondiale si assesta su 383 milioni di quintali. - la produzione spagnola è passata dai 18 milioni di quintali del 2008 ai 27 milioni di quintali del 2009, ovvero un 50 % in più. - a livello italiano si è consegnato un totale di 57,4 milioni di quintali, nel 2008 49,3. - gli ettari contrattati nel 2009 sono stati 86.000 contro i 76.000 del 2008; ovvero un 13% in più. - le consegne contrattate nel 2009 ammontavano a 65,4 milioni di quintali, avvicinandosi pertanto molto all'effettivo consegnato (57*10^6 q) - in particolare al nord, dove come si è detto è stata un'annata caratterizzata da produzioni medio-alte, si è pareggiato quasi perfettamente con un 29 milioni di quintali consegnati a fronte di 29,4 milioni di quintali contrattati. - al sud, causa piogge primaverili le quali hanno compromesso in maniera importante le produzioni, si è consegnato 24,3 milioni di quintali a fronte di 31,2 milioni di quintali contrattati. Considerazioni: - il presunto surplus di prodotto lavorato a livello mondiale rispetto all'effettiva domanda (442 milioni di q rispetto a 383 milioni di q), non deve destare preoccupazione. Il prodotto è stato proficuamente impiegato per rimpinguare gli stock, pressoché esauriti a ridosso della campagna. - Dati alla mano, si capisce come non sia ora ed in questo settore, la Cina a destare problemi. Spesso ci si riferisce agli import cinesi come unici responsabili dei bassi prezzi italiani, quando spesso non è così. O non solo così. In particolare la Spagna com'è possibile vedere ha incrementato la produzioni più che sensibilmente, essendo inoltre paese comunitario e geograficamente più vicino ai mercati europei, è bene riconsiderare il ruolo di questo paese nell'economia agricola. Non solo nel pomodoro, ma specie nell'ortofrutta, la Spagna anno per anno sta conquistando fette di mercato sempre più grandi, con mezzi e metodi spesso discutibili. - recentemente è comparsa in Italia un nuovo insetto dannoso per il pomodoro da industria: la Tuta absoluta. Per ora rimane circoscritta al meridione ad alle isole, non è improbabile che già dalla prossima campagna questo lepidottero possa destare serie preoccupazioni anche alle coltivazioni del nord Italia. - se come ipotizzato nel 2010 dovesse venir approvato il disaccoppiamento totale sul pomodoro, occorrerà lavorare onde evitare, come prevedibile, un calo d'interesse rispetto a questa coltura anche del 50 %, con tutti gli annessi e connessi di indotto e filiera.
  12. Termiche presenti. Se qualcuno della triade BO-MO-FE si sente insicuro, si faccia sentire e scrocchi il passaggio...
  13. Bah, da quanto mi ricordo hai un computer in stato più che pietoso . Direi che 9 volte/10 il problema è del PC/linea.
  14. Illuminante la pagina d’apertura dell’Informatore Agrario n° 46/2009. Una lettera, la relativa risposta: un rapido scambio di vedute su argomenti comuni. Diverso il punto di vista, abissale la differenza tra gli interlocutori. Chi scrive è un’agricoltore sardo, uno dei tanti, troppi, in continua sofferenza per la mancata redditività della propria azienda. Esprime il suo dissenso in merito ad un’articolo dove si asseriva come l’assistenza tecnica sia fondamentale per conseguire obiettivi vantaggiosi. Riporta produzione ad ettaro, riferendosi al grano duro, troppo basse: parla di 20 q/ha, ammette lui stesso come sia necessario almeno raggiungere 50 q/ha. Scontate le conclusioni, la colpa di tutto, tanto per cambiare, è del clima e della zona. Si potrebbe fare di più ? Certo, afferma: basterebbe introdurre l’irrigazione nella pratica colturale. Ma l’irrigazione si sa, costa, ed al momento non è sostenibile affrontarla. L’agricoltore prosegue, a differenza di tanti altri suoi colleghi, gliene si deve dare atto, presenta una soluzione: la qualità e la filiera corta. A dire il vero pone più fiducia verso quest’ultima più che sulla prima. Conclude speranzoso, ma dell’assistenza tecnica come elemento fondamentale nella propria strategia, no, non se ne parla. Chi risponde, forse non è agricoltore. Forse passa meno giorni in campagna di chi lo accusa di essere “non determinante”, ma dell’agricoltura ha fatto il suo lavoro. La sua risposte è di una ovvietà spiazzante. L’ovvio si sa, non lo controlla nessuno, ed ultimamente pare difficile anche da accettare. Come non potrebbe infatti citare di realtà produttive che raggiungono produzioni pressoché doppie rispetto alla situazione presentata ? Come non potrebbe, richiede coraggio va detto, ammettere che compito dell’assistenza tecnica è anche far capire all’agricoltore come forse il grano duro non è una coltura adatta alla sua realtà ? Come non potrebbe, e qui si rischia la pelle, affermare che a 20q/ha non si deve produrre ? Prosegue, veramente coraggioso, sostenendo l’idea dell’agricoltore sardo in merito a filiera corta, ribadendo però come sia necessario anche in questo caso affidarsi a persone preparate e qualificate a svolgere un compito di certo non facile. Incurante della propria incolumità, conclude: c’è bisogno di un cambio di mentalità e non tutti, riscontra, sono pronti a farlo. I prossimi anni saranno duri, la selezione sarà forte, qualcuno cadrà.

  15. Mail a Sansavini ? Se ti risponde poi brindiamo... Quello che hai trovato non lo posti ? (devo decidermi a mandare mail ai produttori, poi tutto sarà, forse, più chiaro)
  16. Nuovo articolo su Freshplaza (probabile pubbilcità ?), con un'accenno ai costi di acquisto ed esercizio. Sistema SIS: la scelta preferita dai frutticoltori per il controllo delle gelate
  17. Credo si riferisca alla tabella che identifica il prezzo liquidato in funzione della qualità, grado brix ma non solo, del conferito. Considerazioni di Natale: - il 2009 doveva essere l'anno in cui la ritrovata moda "pomodoro" sarebbe stata placata. - ad inizio campagna 2009 tutti erano concordi su un fatto: molto prodotto sarebbe rimasto incolto; ribadendo, smentiti ampiamente dai fatti, come le superfici debbano calare. - il prodotto inaspettatamente, grazie alla clemenza del tempo, è stato raccolto quasi tutto. - la qualità mediamente alta del prodotto, non ha portato a grossi problemi di ritiri in termini quantitativi. Escludendo ovviamente le tempistiche, gli scarti e di conseguenza i prezzi liquidati. - coloro i quali si sono affacciati al pomodoro solo recentemente, dovevano trovare nel 2009 l'anno per ridimensionare gli animi. Le cassandre di turno infatti ben li avevano messi in guardia sull'annata. Le malelingue sono state disattese, risultato: c'è ancora più entusiasmo. - in virtù di questo, salvo tragedie nelle liquidazioni o sconvolgimento di prezzi, è ragionevole pensare che il 2010 si presenterà del tutto simile al 2009. - molto probabilmente è finita l'era del "guadagno extra-quota". Lo dimostrano le medie liquidate di questa frazione, le quali dovrebbero incentivare i produttori a prendere in mano non solo il trattore ma anche la calcolatrice. (se qualcuno non sa cos'è il guadagno extra-quota, non ha che da chiederlo)
  18. Sicuramente presentata così, da credito ai lento rilascio. L'unico dato oggettivo è vedere se il costo di una distribuzione supera il maggior costo per unità del concime in questione. In questo caso si: utilizzarli. Mi sono limitato a fare degli esempi e possibili realtà. Nuovamente si tratta di comparare i costi. Non sto difendendo per principio né uno né l'altro. Per quanto riguarda la fertirrigazione del mais, Angelillo la pratica abitualmente. Ho inoltre aggiunto il discorso urea-mais in quanto a differenza di altre colture, buona parte del ciclo del masi si compie durante temperature ambientali generalmente elevate. Condizioni che favoriscono i processi di nitrificazione dell'urea, comportando così un lento rilascio di N. Sicuramente meno sofisticato e meno famoso dei vari concimi hi-tech. Concludendo: sicuramente se, a conti fatti, i lento/controllato rilascio risultano convenienti ne va positivamente valutato l'uso. Diversamente, non vorrei questa tipologia di formulazione vista come sostituto di un approccio razionale alla concimazione.
  19. Molto e poco sono concetti relativi. Quanto vorresti/potresti spendere ? Non conosco con esattezza la quotazione dell'usato che ti ho mostrato, ma è sicuramente in linea con il nuovo da te proposto. La differenza di produttività è invece evidente.
  20. In merito ad alcune macchine che avevo postato, sono riuscito a recuperare qualche foto decisamente migliore. Ve le metto qua tutte insieme, compresa di qualche altra specialità.
  21. Direi che in ambo i casi il rilascio ben poco viene influenzato dalle esigenze della pianta. Nel primo si ha rilascio di N, a prescindere dalla quantità di N presente nel terreno, tanto meno dalle esigenze della pianta. Nel secondo il rilascio viene "controllato" dall' N presente nel terreno, la cui dotazione può si essere dipendente dall'assorbimento delle piante, ma anche da altri fenomeni come la lisciviazione. Fenomeni questi capaci di variare la quantità di N presente nel terreno, molto più rapidamente di come possa fare una qualsiasi coltura. E' difficile dare risposta a queste domande, senza riferirsi specificatamente a qualche coltura o situazione reale. - Se si prende come esempio il frumento, questa è una coltura con ampie finestre d'intervento. Salvo differenze di prezzo ridotte rispetto ai concimi tradizionali, perchè usare concimi a lento/controllato rilascio ? - Se si prende il mais, una motivazione per usare questi concimi potrebbe essere ricercata nella difficoltà d'intervenire quando la pianta è alta. Alcune risposte alternative sono: usare i trampoli che si impiegano per i trattamenti pure per le concimazioni, le applicazioni non mancano ed aiuta ad ammortizzare la macchina; utilizzare fertirrigazzione; usare urea la quale è già un concime a lenta cessione in quanto prima di essere assorbita dalle piante deve subire numerosi passaggi del ciclo dell' N. L’AZOTO A CESSIONE CONTROLLATA: “UN VERO SISTEMA DI CONCIMAZIONE” - News Aziendali - News - Fertirrigazione.it linea idea
  22. http://www.tractorum.it/forum/coltivazioni-erbacee-f21/cipolla-da-seme-2710/ (anche se non è ancora chiaro, almeno a me, se si parla di cipolla normale o da seme...)
  23. Penso che potresti contattare direttamente l'azienda no ? 7 ha tutti a mano ? Complimenti. Quanto ne raccogli al giorno ? Quanto fai durare in totale la raccolta ? Oltre alla macchina da te citata (il link non funziona più) vi dovrebbe essere pure un'altro costruttore, del quale purtroppo, ora mi sfugge il nome. Non hai considerato una semovente ? FMC GB2700 raccolta fagiolini
  24. Quella tipologia di concimi dev'essere suddivisa in almeno 2 gruppi. Indicativamente si possono fare le seguenti distinzioni: concimi a lenta cessione e concimi a rilascio controllato. Lenta cessione: i metodi per ottenere ciò sono diversi. Uno di questi, molto comune, è ricoprire il granulo di concime con materiali resistenti sostanzialmente all'acqua, ma in generale alle condizioni che portano normalmente il granulo stesso a disgregarsi ed essere adsorbito dal terreno: temperatura, azioni microbiche ecc. Ne va da se che il rilascio sarà tanto lento quanto meno aggressive saranno le condizioni ambientali. Qua si crea un paradosso: in caso di periodi particolarmente piovosi, il rilascio sarà quanto mai veloce, ma proprio in quei frangenti si verifica una maggior lisciviazione. Rilascio controllato: in questo caso una possibile strategia è un rivestimento "attivo", il quale in funzione del contenuto di azoto nel terreno, diviene proporzionalmente "aggredibile" dal sistema suolo: in primi i batteri nitrificanti responsabili del ciclo dell'azoto. In ambi i casi ne consegue un costo maggiore per unità fertilizzante. Nel primo caso, a mio avviso, molto meno giustificabile del secondo.
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