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Pac 2023-2028


DjRudy

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8 minuti fa, 409 vario ha scritto:

Io come figlio di Cobas a casa mia la PAC e psr zero fino al 2015 , zona piena di allevamenti e irrigua da 1000€/ha di media e ho 5 fendt , vabbè che 3 hanno tra i 30 e i 40 anni ,ma sempre di marca premium sono. Quindi si può vivere anche senza pac , nessuno obbliga a seminare grano quando non và , saranno cavoli dei pastifici e mulini tagliare il prodotto estero con qualcosa di buono se ne trovano.

Giusto!! perchè non ci avevo pensato e ho seminato sempre grano? 

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Ricordate che in agricoltura se si è pionieri in una coltivazione e ci si azzecca si cavalca l'onda e si guadagna da ripagare e avanzarne , se ci si avvicina a una coltivazione nel momento di picco si avrà solo una discesa della marginalità . 

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Perchè lasciare i terreni incolti? Ci sarà sempre qualche imprenditore, non agricoltore, disposto a comprarli
Se arrivi ad un livello di non redditività per nessuno la prospettiva è possibile.

Se pensi ciò allora reputi che ci siano ancora ampi spazi di miglioramento e redditività anche con questa pac.

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Esempio stupido ma che coglie l' idea il teff cereale etiope che si coltiva in seccagna vera viene considerato dai ricconi e salutisti come il vero cereale integrale ovvero l'unico non manipolato e perciò sano , riuscire ad aggredire quella fetta di mercato europeo senza intaccare il corno d'Africa a livello monetario e di immagine potrebbe garantire redditi interessanti, mia idea magari sbaglio.

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1 minuto fa, tripleboss ha scritto:

Se arrivi ad un livello di non redditività per nessuno la prospettiva è possibile.

Se pensi ciò allora reputi che ci siano ancora ampi spazi di miglioramento e redditività anche con questa pac.

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Mi spiego meglio: io con 50 ha pur attivando tutti i psr possibile devo valutare se riesco ad ottenere un reddito sufficiente per campare, uno che ha già 450 ha, investe qualcosina, arriva a 500 e fa finta di lavorare in biologico, non deve neanche produrre 

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Unica è trovare colture nuove e pionieristiche in grado di attrarre l'attenzione e il portafoglio del consumatore , fare estensivo in Italia specie di commodities è una partita perdente nel medio-lungo periodo ammesso che la superficie sia tutta di proprietà.

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20 minuti fa, 409 vario ha scritto:

Unica è trovare colture nuove e pionieristiche in grado di attrarre l'attenzione e il portafoglio del consumatore , fare estensivo in Italia specie di commodities è una partita perdente nel medio-lungo periodo ammesso che la superficie sia tutta di proprietà.

il margine delle commodities e dell'estensivo è minimo e in molte situazioni (come nel caso di aumento dei costi di produzioni, diminuizione possibili contributi, etc) diventa ancora più piccolo, quindi possono continuare su quella strada solo aziende grandi con molti ettari, le altre che non sono ne piccole ne grandi se prima potevano fare qualcosa con le estensive ora o cambiano colture (colture con più valore aggiunto) e canali di vendita o chiudono (o vengono accorpate da altre).

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Mi spiego meglio: io con 50 ha pur attivando tutti i psr possibile devo valutare se riesco ad ottenere un reddito sufficiente per campare, uno che ha già 450 ha, investe qualcosina, arriva a 500 e fa finta di lavorare in biologico, non deve neanche produrre 
Ok.
Anzichè competere con lui, tu non potresti diventare un suo satellite e collaborarci?
È un ipotesi nè...
A lui manca sicuramente della manodopera qualificata, prende tè, ti paga bene e ti paga l'affitto dei tuoi 50 ha, oppure fate accordi diversi, camperesti meglio?
È possibile?
O c'è chiusura mentale?

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3 ore fa, DjRudy ha scritto:

Purtroppo il futuro della cerealicoltura in Italia sono le aziende molto grosse, 50 anni fa con 10 ha e 10 vacche vivevano, poi le vacche sono sparite e gli ettari triplicati, 20 anni fa stavi ancora bene con 100 ha, oggi minimo 150-200 e in futuro minimo 500 o anche di più, purtroppo è un trend che è partito dagli anni 60 ed è inarrestabile, anzi con la globalizzazione, la riduzione della manodopera, i casini della PAC ecc si sta anche accellerando molto.

Forse allora il problema non è che produciamo con costi troppo elevati e non riusciamo ad avere attrezzature competitive , ma che non abbiamo una percentuale di guadagno sufficiente. Ma quello non dipende da noi. Per avere un buon margine dovremmo avere accesso alla grande distribuzione , il che non ci verrà mai dato. Sui cereali che vanno lavorati in processi industriali , per lo più, posso anche capirlo ma su orticole ? Con una linea diretta con gli allevatori puoi fare reddito dalle foraggere ma sono solo una parte della rotazione e se stanno male gli allevatori inizi a perdere anche quello. Non credo sia una questione di dimensione media delle aziende. Anzi , con aziende grosse non puoi permetterti nessun errore e investimenti costanti.

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Purtroppo il futuro della cerealicoltura in Italia sono le aziende molto grosse, 50 anni fa con 10 ha e 10 vacche vivevano, poi le vacche sono sparite e gli ettari triplicati, 20 anni fa stavi ancora bene con 100 ha, oggi minimo 150-200 e in futuro minimo 500 o anche di più, purtroppo è un trend che è partito dagli anni 60 ed è inarrestabile, anzi con la globalizzazione, la riduzione della manodopera, i casini della PAC ecc si sta anche accellerando molto.
Esatto, è semplicemente ciò che succede in tutti i settori, e l'agricoltura in questo caso è anche rimasta molto indietro. Il grande mangia sempre il piccolo, ovunque e dovunque. È inesorabile, sarebbe come combattere contro i mulini a vento...

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Il vero problema è la valorizzazione del prodotto. Ormai produrre cercando di competere ai prezzi di mercato è una battaglia dura da combattere e ciò avviene in agricoltura e in tutti i settori. 30 anni fa da me un buon 80% delle donne lavoravano in aziende del settore tessile, aziende anche grandi ma soprattutto a conduzione familiare e piccole. Tutto andava bene finché sono arrivati i cinesi che al costo di una zip ti portavano il prodotto finito... risultato settore tessile azzerato. O meglio la produzione passatemi il termine dozzinale che veniva fatta dalla maggior parte è stata sostituita con quella cinese e sono rimasti solo coloro che si differenziavano per una qualità superiore che poi hanno iniziato a lavorare per i grandi marchi ben noti. Nel mio paese l'unica azienda rimasta infatti taglia le stoffe per tutti i marchi più famosi.... tutto questo per dire cosa, l'Italia ha un'unica cosa bella che è la sua fama nel mondo e dato che a livello agricolo siamo dei pidocchi la nostra produzione deve essere valorizzata da quella fascia di popolazione ricca. Deve cambiare il target a cui ci rivolgiamo e soprattutto c'è da saper vendere il prodotto. Per esempio la Franciacorta storicamente è sempre stata la zona agricola più povera della provincia di Brescia e una cosa sola potevano fare, il vino.... con la creazione del marchio Franciacorta e un merchandising esagerato si sono presi una fetta di mercato tale da avere dei prezzi così remunerativi che la vendita di 1 ha di terra ti permette di vivere il resto dei tuoi giorni senza troppi pensieri. Ma questo vale per il prosecco vale per il parmigiano reggiano, il grana padano ecc ecc. Ad oggi mediamente 1 litro di latte a grana padano rende il 25%di più che il latte industriale e ciò fa bene la differenza. I fondi pac qui dovrebbero andare a progetti di valorizzazione e creazione di fliliera e non a dare un reddito. Perché è vero si che i grossi se la passano meglio ma semplicemente perché sfruttano il piccolo margine su grandi volumi ma è solo questione di tempo che questo non basti più perché i veri competitors non sono fuori dall'italia o pensiamo che riusciremo a fare concorrenza alle grandi estensioni estere e ai grandi investimenti in settore agricolo anche dei paesi emergenti???....siamo tutti nella stessa barca il futuro passa per la valorizzazione del prodotto....

Mi permetto di dire una cosa sul grano duro che a quanto leggo è il settore che più si lamenta....la mancanza di competitività del settore non passa forse per una mancata filiera vera e propria che dia valore a un prodotto di qualità superiore rispetto alla concorrenza? Cioè per me non è normale non avere una pasta o una semola protetta da marchi Igp Dop docg nota a livello nazionale e internazionale. Per esempio de cecco nella sua pubblicità si vanta di usare le migliori semole al mondo non (solo) italiane. Per me non è normale.... la stessa Barilla ossia la pasta nazionale popolare sicuramente non usa solo roba "nostrana" visto anche il volume di produzione. Ecco per me il problema principale è qui e se anche ci fosse un prodotto 100% italiano non viene venduto bene. In TV (per esempio cotto e mangiato) hanno fatto diverse puntate con protagonisti diversi prodotti( per esempio grana e parmigiano) e location ma possibile che non si faccia una pubblicità su una pasta del territorio? La pubblicità è l'anima del commercio e bisogna saper vendere bene ancor più della qualità stessa....

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Hai reso benissimo... Il paese Italia dove tutti i media e i politici Riconoscono l importanza Dell agricoltura italiana e dei suoi prelibati prodotti... Ma all atto pratico annaspiamo sempre di più per tirare avanti l azienda nella più totale indifferenza dei nostri connazionali. L azienda a seminativi tra riduzione contributi Pac 2023 e nuovi vincoli deve valutare nuove strategie... È un contesto dove conta aumentare la PLV con aumenti delle rese più che andare a caccia di ecoschemi (con premi calcolati quando l inflazione non era al 15% ed in costante aumento...) 

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41 minuti fa, Cat power ha scritto:

Hai reso benissimo... Il paese Italia dove tutti i media e i politici Riconoscono l importanza Dell agricoltura italiana e dei suoi prelibati prodotti... Ma all atto pratico annaspiamo sempre di più per tirare avanti l azienda nella più totale indifferenza dei nostri connazionali. L azienda a seminativi tra riduzione contributi Pac 2023 e nuovi vincoli deve valutare nuove strategie... È un contesto dove conta aumentare la PLV con aumenti delle rese più che andare a caccia di ecoschemi (con premi calcolati quando l inflazione non era al 15% ed in costante aumento...) 

È vero hai ragione nell'immediato futuro la situazione non è rosea per molti e tanti (per una volta ha ragione frascarelli) dovranno chiudere o trovare una soluzione per fare quadrare i conti ma nel lungo periodo anche chi resisterà dovrà passare per una maggiore valorizzazione del prodotto 

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Domanda sull'ecoschema 4: 

in azienda facciamo di norma rotazione, al massimo orzo dopo grano ma potremo tranquillamente eliminarlo. Se volessi aderire all'ecoschema 4 e mettere in successione a grano ad esempio soia non potrei diserbarla in quanto leguminosa ma se mettessi girasole potrei diserbarlo seguendo le norme di produzione integrata?

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26 minuti fa, ortodib ha scritto:

Domanda sull'ecoschema 4: 

in azienda facciamo di norma rotazione, al massimo orzo dopo grano ma potremo tranquillamente eliminarlo. Se volessi aderire all'ecoschema 4 e mettere in successione a grano ad esempio soia non potrei diserbarla in quanto leguminosa ma se mettessi girasole potrei diserbarlo seguendo le norme di produzione integrata?

Mi sembra che abbiano inserito anche la soia nelle colture da rinnovo, quindi la potresti trattare come il girasole, sempre seguendo i disciplinari dell'integrata

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Il 19/1/2023 at 09:32, pinox ha scritto:

Mi spiego meglio: io con 50 ha pur attivando tutti i psr possibile devo valutare se riesco ad ottenere un reddito sufficiente per campare, uno che ha già 450 ha, investe qualcosina, arriva a 500 e fa finta di lavorare in biologico, non deve neanche produrre 

e però scusatemi, ma torno ad una mia domanda da sempre. con tutto il rispetto per il lavoro di tutti, però....

se hai 50 ettari a seminativo cerealicolo, mi chiedo quante giornate di lavoro impieghi.

lavorare in perdita, va da sè che non è ammissibile, ma probabilmente nemmeno pensare di guadagnarsi da vivere lavorando solo ----- mesi l'anno ( la cifra mettetela voi)

detto questo, la mia è un'azienda ancora più piccola.....

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potrebbe essere un ragionamento giusto se non che 50 ettari di terra la fai con 1 trattore tuttofare e attrezzature e 1 più piccolo, diciamo che stai intorno ai 100.000 euro su roba usata 

50 ettari di proprietà sono circa , dipende dalle zone, 1.000.000 di euro.......

tu hai 1.100.000 di euro investiti per guadagnare quanto?.........

per me molti i conti non li fanno, non vogliono farli, non li sanno fare

altre aziende di qualsiasi altro settore , cosa che so perfettamente perchè ci sto dentro, se aumentano i costi , 1 ..... o aumenti i prezzo di vendita......2....cerchi di limare i costi.......

difficimente si pensa di indebitarsi per costruire nuovi capannoni e sedi per cercare di guadagnare di più perchè i margini sono sempre inferiori......questo porta a movimentare troppi soldi per ricavare meno di prima........e in annate dove gli squilibri sono inevitabili ci lasci le penne.....

si vuole "industrializzare" anche l'agricoltura?.......ben vengano ma io fin che posso resisto così........

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11 ore fa, ricky75 ha scritto:

e però scusatemi, ma torno ad una mia domanda da sempre. con tutto il rispetto per il lavoro di tutti, però....

se hai 50 ettari a seminativo cerealicolo, mi chiedo quante giornate di lavoro impieghi.

lavorare in perdita, va da sè che non è ammissibile, ma probabilmente nemmeno pensare di guadagnarsi da vivere lavorando solo ----- mesi l'anno ( la cifra mettetela voi)

detto questo, la mia è un'azienda ancora più piccola.....

Hai perfettamente ragione, infatti per far "quadrare" il tutto faccio 6-700 litri di olio, 400 di vino, ortaggi e frutta per uso familiare, l'ovetto fresco e fino a un paio di anni fa anche un po' di carne. Di campare si campa, ma i limiti per reinvestire in azienda si assottigliano sempre di più, ergo strutture e attrezzature deperiscono anno dopo anno. Si tira finchè si può, a quasi 55 anni non è che la voglia di rimettersi in gioco sia poi tanta

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7 minuti fa, pinox ha scritto:

Hai perfettamente ragione, infatti per far "quadrare" il tutto faccio 6-700 litri di olio, 400 di vino, ortaggi e frutta per uso familiare, l'ovetto fresco e fino a un paio di anni fa anche un po' di carne. Di campare si campa, ma i limiti per reinvestire in azienda si assottigliano sempre di più, ergo strutture e attrezzature deperiscono anno dopo anno. Si tira finchè si può, a quasi 55 anni non è che la voglia di rimettersi in gioco sia poi tanta

e comunque mi autocito per puntualizzare: ci siamo un po' perso nei ragionamenti, quello che cercavo di dire, semplicemente, che non mi lamento più di tanto della redditività della mia azienda, stavo cercando semplicemente di riflettere sul fatto che forse per massimizzare il reddito, nella mia situazione, percorrere la strada dei contributi non è la strada più giusta

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