Alla Guida
Diamo per scontato che al giorno d’oggi stilare una valutazione di un trattore come il 513R, sia un compito arduo, poiché si tratta di una macchina che ormai ha 50 anni dall’epoca di lancio e non appare possibile giudicarla con un metodo attuale, ma altresì essa è preceduta da quella fama che indiscutibilmente acquisita nei lunghi anni di lavoro e dalle tante medaglie al merito che ogni giorno si è guadagnata nei campi, specie quegli esemplari guidati da trattoristi temerari e poco inclini al rispetto del mezzo meccanico.
Carrozzeria
In questo trattore si scorgono decisi elementi di maggior modernità rispetto alla serie “11” della Fiat stilizzata circa 2 anni prima, già con accenni a linee squadrate che si evince esaminando i due lobi sulla calandra anteriore, anche la linea che si alza per dare spazio al cruscotto conferisce un senso di dinamismo; da notare che esso è uno dei pochi trattori dell’epoca ad avere il cofano spiovente verso l’anteriore e perciò non orizzontale (vi è una scalfatura ad assumerne l’orizzontalità), amplificata nella prima serie se dotata di pneus posteriori da 36”, con il successivo innalzamento dell’assale anteriore ne veniva ridotta (e forse migliorata) la sensazione visiva dell’effetto cuneo.
Il cofano anteriore è completamente ribaltabile con incernieramento anteriore, consentendo un ottima accessibilità a tutta la meccanica e persino all’impianto elettrico situato dietro il cruscotto; purtroppo la struttura, abbastanza pesante, sotto la sollecitazione delle vibrazioni e scuotimenti, tendeva a fessurare la lamiera del cofano in corrispondenza degli attacchi cerniera, inoltre in caso di rifornimento e controllo acqua necessita dell’apertura cofano per accedere ai bocchettoni; i sistemi di chiusura sono due tiretti in gomma non molto robusti mentre il dispositivo di sicurezza cofano aperto è un puntale che va ad impegnarsi in una apposita sede.
Posteriormente il cofano dispone di tamponi cilindrici che devono adagiarsi, quando si chiude, in apposite sedi e che concorrono a tenerlo in guida ed assorbirne le vibrazioni.
L’aspetto del trattore è di sensazione di robustezza e imponenza, specialmodo con l’ultima serie, potendo disporre dei pneus da 20” anteriori e 30” posteriori.
Posto guida
E’ uno degli aspetti più caratteristici e controversi, poiché questo é un trattore poco adatto a persone di bassa statura e di fisico gracile, esso esige una guida muscolare che alla lunga può ingenerare stanchezza; il sedile imbottito e con schienale rialzato è dotato di molleggio con braccio e fulcro unico, che richiede alla schiena di seguirne i movimenti in caso di ampie escursioni, la molla e il piano di seduta sono regolabili ma all’atto pratico lo consente solo virtualmente poiché richiede tempo e le chiavi.
L’accesso, da terra, al posto guida è poco agevole, la presenza di minuscoli predellini facilita l’arrampicata ma bisogna destreggiarsi anche tra la trasmissione affollata di leve; la seduta è molto rialzata, cioè si è molto alti da terra.
Il pedale frizione e freni hanno la corsa orizzontale, il pedale acceleratore ha l’incernieramento inverso, utile per lo spegnimento del motore che avviene sollevando lo stesso; le pedane sono ampie e proseguono, attraverso un rialzo, fin sopra i semiassi posteriori.
L’azionamento della frizione è un esercizio notevole, ed è rimasto nella memoria di tutti, tanto che molti sedili si sono consumati asimmetricamente (nel fulcro molleggio) proprio per opporsi alla forza esercitata dal guidatore; inoltre l’ampia escursione del pedale esige gambe lunghe.
Lo sterzo dispone di piantone abbastanza obliquo che però non disturba, tuttavia la durezza dello stesso è un altro fattore che impegna nella guida, specie in campo e con zolle (reazioni al volante), dove anche la geometria sterzo con braccio a terra positivo scarsa –per non dire nulla- campanatura e convergenza, non aiutano alla guida.
Molto bene il cruscotto, si tratta di una notevole realizzazione con quadro unico retroilluminato, comprendente gli strumenti prima accennati; si tratta di una realizzazione di prim’ordine da fare invidia alle auto coeve, da notare che il complesso strumenti è sostenuto da 4 tamponi in gomma atti a isolare dalle vibrazioni.
Purtroppo la strumentazione era soggetta a rotture frequenti, poiché i tamponi in gomma collassavano velocemente, i supporti della scatola strumenti (in lega leggera) si spezzavano, i due rinvii a squadra azionanti il contagiri aumentavano il carico della corda flessibile in acciaio fino a spezzarla, il termometro acqua cedeva nel capillare, le lampadine si fulminavano, la polvere penetrava inesorabilmente e rendeva il tutto praticamente inservibile.
Penso che ad oggi non esista un 513 (non restaurato) con strumentazione originale totalmente funzionante; per quanto, volendo, essendo il complesso totalmente smontabile, si può riportarlo parzialmente in funzione.
Da notare, lusso dei lussi per allora, lo strumento elettrico indicatore livello serbatoio, inesistente su moltissimi concorrenti e persino sul successivo 615 (che ne era l’evoluzione).
Concettualmente molto avanzata la leva per il comando luci, e dell’avvisatore acustico, che insieme al tutto il cruscotto denota un buon design d’insieme.
Leva cambio e riduttore ben raggiungibili, così come quella del freno a mano, assai scomoda quella della pdp che richiede braccia lunghe ed escursioni notevoli, normale quella del sollevatore.
Motore
A questo propulsore si può ascrivere un solo difetto: la forte usura dei prigionieri immersi nel liquido di raffreddamento che a causa della corrosione e delle correnti galvaniche, li assottiglia inesorabilmente; spesso il problema emerge allorchè si debba staccare la testata e nello svitare i dadi, i prigionieri si trancino.
Le restanti caratteristiche sono ampiamente positive, a partire dalla messa in moto, sempre pronta in virtù della tipologia delle camere di combustione, inoltre la cilindrata generosa e la corsa lunga si esprimono con una coppia motrice favorevole anche ai bassi giri il che consente di disimpegnarsi anche nelle situazioni critiche.
Il CO1 è anche silenzioso, fluido e assai morbido, il silenziatore di scarico orizzontale di serie è molto efficiente (cioè silenzia come si deve), mentre quello verticale a cono-controcono, simile a quello adottato dalla antecedente 45R, lo è molto meno.
Il CO2 fa sentir maggiormente la sonorità di combustione
e ha qualche ruvidità in più ma d’altra parte si rivela più prestante e non sono i 2 cv in più a fare la differenza ma mostra in realtà un motore più moderno.
Il fatto di avere il pulsante di supplemento sul corpo regolatore appare scomodo poiché, di fatto, non è raggiungibile dal posto guida, mentre la “Spica”, avendolo automatico, solleva dall’incombenza.
La fumosità all’avviamento è notevole, ma nell’uso si rivela nella norma.
Nell’esemplare che possiedo è presente un lieve pendolamento dei giri motore al minimo a caldo ma con ampiezza ridotta.
Nell’uso normale e avendo fatto “l’orecchio” su trattori con motori più veloci, col 513 è facile arrivare a “fine corsa” con l’acceleratore e i giri motore, che essendo solo 1750, appare naturale chiedere di salire ancora; si consideri che i 540 giri della pdp è a soli 1500 giri min del motore, perciò con i lavori alla presa di forza, il motore giri molto basso.
A dispetto di quanti pensino, questi motori sono anche economici e nelle prove di omologazione si leggono i 170 g cv/h, che è un valore molto favorevole che nemmeno ai nostri giorni si possono leggere su motori di analoga potenza.
Semmai il fatto che essi siano propulsori molto generosi, ingenerano (per alcuni trattoristi) un uso sempre al limite delle possibilità.
Il serbatoio gasolio da 90 litri consente autonomia giornaliera piena; la presenza di filtri gasolio in posizione elevata richiede, quando il serbatoio è a basso livello e il motore fermo da tempo, di azionare la pompetta di innesco per riempire il circuito poiché parte del gasolio potrebbe refluire al serbatoio e creare bolle d’aria nel circuito, rendendo difficoltoso l’avviamento.
Trasmissione
Particolare rilevante è la durezza del pedale frizione e la necessità di gambe lunghe, riconosciuto da tutti gli operatori, ma per la durata non ci sono problemi.
La leva del cambio ha escursioni notevoli ma con ottima precisione d’innesto, si distingue anche per la notevole viscosità a freddo nei mesi invernali; ha la particolarità per la retromarcia posizionata a sinistra in basso e per la 7° presente in entrambe le gamme, la 3° dispone di una breve escursione finale laterale che occorre rispettare anche nel disinnesto.
Le marce non sono sincronizzate e nell’uso stradale è richiesta la doppietta, sia in salita che in scalata, inserendo il rapporto da fermo e sempre bene soffermarsi un istante a frizione premuta per lasciar fermare gli ingranaggi, comunque la rotazione abbastanza lenta degli stessi denota grattate eventuali meno sgradevoli.
L’azionamento del riduttore è agevole ma richiede di spostare il busto in avanti per inserire le ridotte.
Il comando blocco differenziale è molto scomodo, sia per la posizione avanzata del pedale che per la durezza d’azionamento dello stesso, in pratica non è possibile farne uso continuativo per l’impossibilità fisica di tenerlo premuto per lungo tempo.
La trasmissione scalda molto poco ed è a testimonianza dell’elevata resa nella stessa, una delle più alte tra tutti i concorrenti (e non solo), tanto che la disponibilità di cv alla barra è proporzionalmente alta; durante la rilevazione in corso di omologazione si registrano ben 57,6 cv in II° veloce.
La rumorosità è trascurabile in1° e 2° , notevole in 3° veloce, un po’ di “raganella” ai bassi giri in 7° e la naturale accentuazione che si rileva in retromarcia veloce.
La scalatura dei rapporti appare razionalmente spaziata, la prima è sufficientemente corta per l’uso di fresa o erpice rotante, mentre la 7° a uso stradale che rimane entro il limite dei 25 km/h –necessaria per chi disponeva della sola patente agricola- rende i trasferimenti oggettivamente lenti, specie considerando che alcuni concorrenti filavano già a 30 all’ora.